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L’anfiteatro comprendeva grande spazio tra la Via Penninello a sud e l’Ospedale di San Marco a nord e si estendeva poi dalla chiesa della Carcarella, ad ovest, sino alla Via Stesicorea ad est. Naturalmente essa ha origine dall’epoca in cui Catina era colonia romana; ma ai tempi del grande Teodorico era in un tale stato di abbandono che i catanesi poterono domandare al re la concessione di utilizzare le pietre cadute da esso per la costruzione delle mura della città, concessione che Teodorico, al quale però stava a cuore la conservazione del monumento, dette di buon grado. Alla fine del secolo XI il conte Ruggiero si servì delle pietre dell’anfiteatro per la costruzione della Cattedrale. Questi neri conci si vedono tuttora nella parte esterna del coro della detta chiesa che è l’unico resto dell’antico Duomo. Tra il 1505 e il 1518 l’arca dell’anfiteatro fu concessa a G. Gioieni per farvi abitazioni e giardini, ma il progetto non fu portato a compimento. Però siccome l’anfiteatro aderiva alla parte esterna della cinta murale e poteva dunque essere utilizzato dai nemici in caso di guerra, il senato di Catania ordinò che si abbattesse la parte più alta di esso il cui materiale servì per riempire i corridoi; l’opera di distruzione che fu poi proseguita dal terremoto nel 1693 diede modo che ben presto nessuna parte dell’anfiteatro restasse più visibile. Il Biscari ricominciò a scavarlo, ma la sua opera, continuata in seguito da altri, non fu però compiuta da nessuno. Tra edifici e giardini si vedono: una parte del corridoio che separa l’anfiteatro dalla collina, una parte dell’ordine inferiore costituito da una serie di grandi archi, come pure le volte che, connesse fra di loro, da questi archi giungono fino alla arena e sopra le quali in parte poggiano direttamente le gradinate, in parte altri corridoi a volta. La costruzione delle mura è del sopra descritto opus incertum, ma il rivestimento è formato da bei conci di lava e dello stesso materiale sono i capitelli, di semplice fattura, su cui si appoggiano gli archi costrutti di grandi mattoni. I sedili erano di pietra calcare. Nell’anfiteatro e all’esterno di esso si sono trovati resti di condutture d’acqua. Nel secolo XVII si vedevano nell’anfiteatro, secondo quanto afferma l’Arcangelo, pezzi di marmo e colonne; sempre in questo secolo fu scoperta un’altra colonna che però non si pote estrarre. L’anfiteatro di Catania era uno dei più grandiosi tra quelli conosciuti. Le misure principali sono: grande asse esterno palmi 486, grande asse interno palmi 274; asse minore esterno palmi409, piccolo asse interno palmi 197; circonferenza esterna palmi 1500, circonferenza interna palmi 746. La circonferenza esterna è inferiore a quella dell’anfiteatro romano e del veronese; la circonferenza dell’arena è superata solo da quella del Colosseo e lo stesso rapporto esiste per l’asse minore, mentre l’asse maggiore è poco più grande di quello veronese ed è inferiore a quello di Roma. Ma l’arena catanese aveva una pianta circolare, e nello spazio riservato agli spettatori potevano trovar posto soltanto 15000 persone sedute, mentre l’ anfiteatro veronese si calcola che ne potesse contenere 22000. Poichè quello romano si dice che fosse capace di contenere 87000, si deve supporre che sulle impalcature in legno si trovassero dei posti in piedi e con ciò il numero dei posti verrebbe per lo meno a raddoppiarsi. Secondo la leggenda, la vergine catanese Agata venne martirizzata per ordine del proconsole Quinziano; la casa di quest’ultimo si pone vicino all’anfiteatro verso Sant’Agata la Vetere; un passaggio sotterraneo che, secondo l’Amico avrebbe probabilmente congiunto i due edifici prima del 1693 che non era altro che un acquedotto. Frammenti del "Chronicon urbis Catinae" di Lorenzo Bolano secolo XVI Anphitheatro servabant et animi gratia Catinenses ut et Romani, dies quosdam suos fastos in quibus ludos eisdem dicatos exercebant in amphiteatris Romanae; in amphitheatro Catinae pariter quod in Campo Stesichoreo ubi nunc Stesicorea porta, Iacis vulgo nuncupata, cernitur. Gradus habebat e primo solo, ut Vespasiani Romae, surgentes; cameras adhuc superstites plurimas << antra >> vulgus appellat; circuitum soli manifestissimum, australem dumtaxat partem superstuctis urbis moenibus contectam; partis eiusdem latitudinem domibus obrutam: exploratissimam vero in campo et versus Aquilonem, Oriens et Occidens ubi rudera centum pedum diametri hoc usque conspiciuntur. Hoc si Vespasiani situ graduum aemulabatur, pedibus XLIII altum erat; soli ambitus diametro CCXC pedibus mensuratur et hodie; fabricae autem seu plantae latitudo pedibus C sed anphitheatri totius circiter CDXC pedum diameter est. Ergo gyrum totum circiter MCDLXX pedum erat; quibus in amphtheatri conspecturi ferebantur XVIII pedibus latae, suis insignitae fornicibus et ad solum usque cameratae portae erant LX, parietibus mediis pedum VII distinctae, artificiosissima proportione erectae, quibus minores totidem non absimiles gradibus spectatoris subjacentes supererant, donec altitudo aeque respondes exurgeret. Quingetos circite annos........ ab Augerio, episcopo catinensi, dirutum est ut Divae Agathae comitis Rogerii sinptibus strueretur aedes cujus et gratia theatra ruinam experta sunt, quamvia non quantum amphitheatrum cujus sola fere planta cernitur.