- In piazza Santo Carcere, costruita dopo il terremoto del 1693 sull’antico oratorio di San Pietro. "E’ stata eretta accanto a un bastione comprendente i resti romani della segreta in cui sarebbe stata imprigionata S. Agata. Entro il prospetto barocco, nella seconda metà del Settecento, venne rimontato il grandioso portale svevo che fino al 1693 ornava la porta maggiore del Duomo. Sull’imposta degli archivolti, che riprendono i vari motivi decorativi scolpiti nelle colonnine aperte negli stipiti strombati, sono delle sculture che, da parte guelfa, vennero interpretate come allegorica figurazione voluta dall’imperatore Federico II per umiliare Catania, ribellatasi nel 1232, e la Chiesa" (Vito Librando). Il carcere della Patrona si compone di due stanzette. Nella prima, vi è un piccolo altare. La seconda, di forma stretta e allungata e con la volta a botte, è la cella dove S. Agata spirò. E’ rischiarata da una piccola finestra con le sbarre, sotto la quale, dalla parte esterna, scolpito in un antico marmo, vi è il racconto della morte della Vergine catanese. Accanto alla porta d’ingresso del carcere, vi è una pietra con l’orma lasciata dal piede insanguinato della santa e poi scolpita, subito dopo la morte di S. Agata, dai catanesi. Una lapide ricorda un episodio. Tanti anni fa, giunse a Catania da Messina il sacerdote Letterio Lo Giudice. Il religioso visitò il carcere e trafugò, per devozione, due frammenti della pietra nella quale vi è l’orma. Quando però, con la barca, si accinse a ripartire, una violenta tempesta lo bloccò. Riuscì a lasciare Catania solo dopo aver riconsegnato i due pezzetti di pietra.

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