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Ogni buon catanese è devoto di Sant’Agata e ammira in Lei l’ideale di ogni virtù umana e cristiana. Agata apparteneva ad una nobile e agiata famiglia. Ancora giovanetta fu chiesta in sposa dal console Quinziano che si era perdutamente invaghito della sua bellezza, ma tutte le sue richieste furono fermamente respinte dalla fanciulla che aveva consacrato a Cristo la sua verginità. L’amore del console Quinziano si tramutò allora in cieco odio e sottopose Agata alle più crudeli sevizie. Tentò anche di farla corrompere da una donna depravata Afrodisia, ma tutti i suoi tentativi fallirono. Questa donna scostumata si presentò a Quinziano e gli disse: "E’ più facile rammollire le pietre che piegare l’anima di questa cristiana". La fanciulla resistette a tutte le insidie e tormenti; soffrì l’eculeo e il taglio delle mammelle e con grande coraggio rimproverò il suo aguzzino: "Empio e crudele tiranno non ti vergogni di strappare in una donna quello che hai succhiato un giorno dal petto di tua madre?". Nel carcere fu consolata e risanata dall’Apostolo S. Pietro. Subì poi il martirio del rogo e dei carboni ardenti.Durante questo martirio una donna la coprì con il suo velo che non bruciò: è il cosiddetto << Velo di Sant’Agata >> di colore rosso cupo che spesse volte, nel corso dei secoli, fermò la lava incandescente dell’Etna. L’ultimo miracolo si è ripetuto nel 1887, quando il velo prodigioso, portato a Nicolosi dal Servo di Dio Arcivescovo Cardinale Dusmet, ottenne la grazia di fermare la lava nelle vicinanze della cittadina come attesta l’edicola edificata sul posto a testimonianza del prodigio. La Vergine martire morì il 5 Febbraio del 251 dopo aver subito il martirio del fuoco. Così raccontano gli atti:<< Sant’Agata entrata poi nuovamente nel carcere, allargò le sue braccia e disse: Signore che mi hai creato e custodito dalla mia infanzia, e che nella giovinezza mi hai fatto agire virilmente; che togliesti da me l’amore del secolo, che preservasti il mio corpo dalla contaminazione, che mi facesti vincere i tormenti del carnefice, il ferro, il fuoco e le catene, che mi donasti fra i tormenti la virtù della pazienza; Ti prego di accogliere ora il mio spirito: perchè è gia tempo che io lasci questo mondo per tuo comando e giunga alla tua misericordia: dette queste parole alla presenza di molti, a voce spiegata, rese lo spirito >>. Le reliquie della Santa, trafugate nel 1040 dal generale bizantino Giorgio Maniace, furono portate a Costantinopoli dove rimasero fino al 1126. In quest’anno, racconta il Vescovo di allora Maurizio, Sant’Agata apparve ripetutamente ad un ufficiale francese, Giliberto che si trovava a Costantinopoli e gli ordinò di prendere il suo corpo e di riportarlo a Catania. Chiamato in aiuto l’amico Goselino, insieme con << lodevole furto >> lo rapirono e dopo varie vicende lo riconsegnarono a Catania al Vescovo Maurizio: era il 7 Agosto 1126, quando finalmente le sacre reliquie entrarono trionfalmente nel Duomo di Catania tra il tripudio di tutto il popolo catanese; per questo ogni anno, il 17 Agosto, si rinnova a Catania il ricordo gioioso di questo grande evento. Le sacre membra della martire Sant’Agata sono oggi conservate in 9 reliquiari: uno per la testa e il busto; due per le mani e le braccia; due pei i femori; due per i piedi e le gambe; uno per la sacra mammella; uno per il Santo Velo.

Agata (Santa), dal greco Agatos, vuol dire buono; di buona famiglia.