fotofesta.jpg (6276 byte)

E' la festa più sentita dal popolo catanese e attesa con lo stesso entusiasmo con cui si prepara alla solennità di Pasqua e Natale. Le sue origini sono piuttosto remote, ma è certo che le manifestazioni esterne traggono origine dal ritorno a Catania dei resti mortali della martire, avvenuto il 17 Agosto 1126, mentre era vescovo di Catania il benedettino Maurizio. Le reliquie della santa erano state trasferite a Costantinopoli circa 80 anni prima dal generale bizantino Giorgio Maniace. Il culto liturgico della santa, che Pio XII definì tra le più venerate nelle Chiese di Oriente e Occidente fin dai secoli IV e V, affonda le sue origini nel primo medioevo; e infatti già san Gregorio Magno per il rito romano e Sant'Ambrogio per il Messale ambrosiano composero in onore di sant' Agata delle splendide liturgie. Sant' Agata è presente fin dai tempi antichi nei messali di altri riti e in quasi tutti i menologi greci e sempre il 5 Febbraio, giorno della sua morte, o, come si dice in linguaggio liturgico, del suo "Natale al Cielo". Nel corso dei secoli precedenti, tuttavia, sant'Agata era stata festeggiata dai catanesi con un rituale esclusivamente chiesastico. Fu il 4 Febbraio 1519 che le sue reliquie furono per la prima volta portate in giro per le vie della città su un fercolo tutto d'argento (la vara). Sul fercolo è collocato il busto della santa, alto 60 centimetri compresa la base, interamente d'argento dorato, capolavoro dell'oreficeria italiana della seconda metà del Trecento, ornato con bellissimi smalti realizzati nelle famose officine francesi di Limoges, dal senese Giovanni Di Bartolo; il busto è ricoperto di ex voto preziosi (fra i quali una croce gemmata del Cinquecento, una collana della fine dell'Ottocento, un'altra croce gemmata, una grande collana del Toson d'oro del Seicento e, capolavoro sommo, la corona della santa, che secondo la tradizione fu offerta alla vergine dal re d'Inghilterra Riccardo "Cuor di Leone" nel 1191, poco prima di partire per la terza Crociata, già in corso da qualche anno). Oltre al busto, sul fercolo viene collocata, nei giorni dei festeggiamenti, l'urna che racchiude le reliquie della santa. Il fercolo vero e proprio sostituì, per la processione, la primitiva vara (che era di legno dorato, portata a spalla dagli ignudi bianchi e scalzi, quelli che poi furono, e sono, i "cittadini"). Fu costruito in argento da Vincenzo Archifel, artista di origine napoletana che lavorò a Catania dal 1486 al 1533. I lavori andarono dal 1515 al 1519. Il fercolo ha la forma di un tempietto con un fronte largo m.1,46 e lungo m.2,75 sostenuto da sei colonne di stile corinzio che sorreggono una trabeazione che si conclude in una cupola orientaleggiante a scaglie ricamate, con base rettangolare, di dimensioni appena inferiori a quelle anzidette. Così appare oggi, dopo non pochi ritocchi e "arricchimenti" -che non furono mai modifiche sostanziali- subìti nel corso dei secoli; ma l'impostazione fattane dall'Archifel rimaneva intatta.